Ventisei miliardi di euro di consumi di abbigliamento nel 2010, 30 miliardi nel 2011 e 32 alla fine di quest'anno. Le stime degli addetti ai lavori sul mercato della moda in Brasile sono da capogiro. E non possono essere sottovalutate dalle imprese che intendono svilupparsi sui nuovi mercati emergenti, anche se bisogna pensare ad azioni collettive, a gruppi di aziende motivate da uno stesso progetto che vogliano insediarsi in Brasile», dice Mauro Ponzé, a capo di Coletivo Frescobol, che promuove progetti di internazionalizzazione.

Ponzé ha parlato al convegno organizzato a Milano da Sistema moda Italia in collaborazione con il ministero dello Sviluppo economico e l'agenzia per la Promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane (ex Ice). Oltre agli shopping center in grande espansione, all'orizzonte ci sono decine di negozi multimarca che operano in rete o in modo indipendente e che attuano scelte sempre più sofisticate: «In 27 città si concentra il 30% del consumo globale di abbigliamento – precisa Ponzé – e la moda infantile è in grande crescita, con una quota del 26 per cento. Inoltre, più della metà della popolazione è nella fascia fra gli 11 e i 44 anni, mentre l'età media è di 28 anni rispetto ai nostri 45».

Michele Tronconi, presidente di Smi, ha snocciolato dati accattivanti: «Quaranta milioni di persone in Brasile sono uscite dalla povertà, rimpolpando una classe media che ora è formata da 105 milioni di individui». Certo, ci sono dazi altissimi, burocrazia tentacolare, sistema del credito difficile, ma in dieci anni, ha aggiunto Tronconi, il Paese «ha fatto passi enormi, con nuove politiche sociali, stabilità economica, un sistema finanziario efficiente. E con un potenziale enorme».

Le opportunità, è stato spiegato, ci sono anche e soprattutto per aziende unbranded, ma con prodotti di qualità. A partire dal tessile, come ha sottolineato ancora Ponzé: «In Brasile ci sono 30mila imprese del tessile-abbigliamento con 1,7 milioni di addetti. Il livello si è spostato nettamente sulla fascia medio-alta e le possibilità di stringere accordi per spostare parte della produzione in loco sono tante: aziende come Miroglio lo hanno fatto».

A rincarare la dose di ottimismo ci ha pensato Francesco Morace, sociologo di Future Concept Lab: «L'Italia è un punto di riferimento come ambasciatrice del gusto. Il concetto di lusso è superato: il Brasile ha realizzato in dieci anni quello che in Italia è avvenuto in quaranta. Ha prodotto cioè nel consumatore la consapevolezza della qualità, dell'etica, della felicità costruita su valori di condivisione e non più esclusivi ed egoriferiti». È il nuovo paradigma della post opulenza, che si basa sulle "occasioni di vita": «ogni azienda – ha aggiunto Morace – deve vagliare il proprio prodotto e capire quali caratteristiche valorizzare, quali compatibilità con i singoli cluster di consumo. Insomma, quale occasione di vita può coprire. Il Brasile è un grande terreno di sperimentazione e possono nascere nuovi modelli di business». Senza dimenticare il web per aggredire le fasce dei teenager e dei giovani.

Le aziende locali hanno spesso qualcosa da insegnare alle nostre: è il caso di Fashion Like, che usa il web per instaurare un business model democratico, basato sulla condivisione delle collezioni in rete, spronando la fascia di consumatori di riferimento a votarle con un "mi piace". Oppure il modello-Melissa, emblema del quick&deep, della moda di qualità ma veloce, che ha sfruttato la valenza della plastica portandola a diventare aspirazionale attraverso accessori cool, magari firmati da stilisti di nomea mondiale. «Ma vanno studiate – ha chiosato Morace – economie di scala e di scopo».

In Brasile i consumi crescono costantemente: +2,5% solo nei primi tre mesi del 2012. «La città di San Paolo copre il 25% del l'intero Pil sudamericano – ha concluso Paolo Bastianello, vicepresidente vicario di Smi Ati, che da tre anni coltiva la missione di aprire questo grande mercato alle aziende italiane – e sarebbe già sufficiente approdare in questa metropoli per presidiare l'area».

IN CIFRE

30

MILA

Aziende brasiliane nell'industria tessile-abbigliamento che danno lavoro a 1,7 milioni di addetti. Sul mercato ci sono dunque da esplorare opportunità di alleanze anche per produzioni in loco, che consentono di aggirare i dazi doganali che appesantiscono i prezzi finali dei prodotti importati dall'Europa

+2,5

PER CENTO

Incremento dei consumi in Brasile nei primi tre mesi del 2012. Gli indicatori socio-demografici sono impressionanti: gli abitanti sono 190 milioni, la metà dell'intero continente sudamericano; l'85% della popolazione

è concentrata nei grandi centri e San Paolo

è la terza città più popolosa al mondo